• Andato in scena il
  • 14 Agosto 2018

    ore 21:15

U’ contra


di  Nino Martoglio
con Enrico Guarneri
regia Antonello Capodici

Enrico Guarneri completa, con la messa in scena di questa commedia, la sua personale, magistrale, esplorazione dell’universo martogliano. Mancava al suo impareggiabile “bouquet”, la maschera di Don Procopio, il cialtrone di buoni sentimenti che il grande Nino lascia al teatro contemporaneo come la più originale delle sue eredità. Una maschera riassuntiva e sintetica degli umori più genuinamente popolari che abitano l’universo catanese fra i due secoli.
E poi lo sfondo della Civita: vera protagonista dell’opera tutta del genio belpassese.

I suoi bassi, i suoi catoj, le sue puttane, i suoi magnaccia. Un’opera-monstre che sta al nostro teatro, come “El nost Milàn” sta a quello continentale. Una specie di cantata laica, “opera da tre soldi” in chiave proletaria e sbilenca. Un continuo mutarsi e scambiarsi di ruoli fra popolani e personaggi, campielli e palcoscenici.

Antonello Capodici

TRAMA

“Il contravveleno” è una delle ultime opere di Martoglio. E forse quella che più lo rappresenta. Rappresentata per la prima volta nel 1918 con il titolo U Contra, racconta la vita in uno dei quartieri più veraci della Catania degli anni ’20, la Civita, durante l’imperversare della piaga del colera. Così, le comari Sara la Petrajana, sua figlia Tina, Cicca Stonchiti e Cuncetta  Pecurajanca  trascorrono le loro giornate intente a stendere i panni al sole, a preparare il pasto frugale e battibeccare tra loro per un nonnulla, mentre  Don Cocimu Binante e Don Procopiu Ballaccheri  con aria smargiassa millantano le loro presunte conoscenze in ogni settore della scienza e cercano di spiegare pseudo-scientificamente la causa della pestilenza. Un baddista è convinto che a diffondere il morbo siano le polpette avvelenate, l’altro “colonnista” che questo sia portato dalle correnti d’aria. La comicità grottesca, tipica del teatro martogliano, scaturisce da una indigestione di Don Procopio che viene scambiata da tutti per la temuta malattia, e curata dal dottor Anfusu con del laudano, a cui si vuole attribuire valore di pozione miracolosa. Nonostante il suo cognome, Don Procopiu, cerca di tenere fede ad una certa onestà arrabattandosi in piccoli lavori che gli consentano di vivere o sopravvivere di stenti. Lo stesso non si può dire di Don Cocimu che, venuto a conoscenza della mistura in suo possesso, non si lascerà scappare l’occasione di un guadagno facile, la quale si presenta  nel momento in cui la ricca za’ Petra  gravemente ammalata, reclamerà qualche goccia della preziosa pozione.